Parlare di Metodo Kousmine e non parlare di Digiuno è come sedersi a tavola e guardare gli altri che mangiano. Manca qualcosa!? Se mi siedo a tavola mangio e gusto il pasto con gli amici o i familiari, altrimenti è meglio andare a fare una passeggiata e godersi l'aria fresca.
Mangiare è spesso solo un'abitudine del mondo occidentale; ci insegnano a mangiare tre volte al giorno fin da piccoli e cresciamo con l'idea che occorre almeno fare una colazione, un pranzo ed una cena. Se poi ci stanno, ci facciamo uno o due spuntini durante la giornata (spero con della frutta che non si è mangiata dopo il pasto precedente) e così si rischia di arrivare a 5 pause al giorno per mangiare. Da quando siamo nati, ogni 5-8 ore circa ci fermiamo per mangiare; considerando che la digestione dura almeno 3 ore, il nostro apparato digerente lavora senza sosta con un dispendio energetico non indifferente.
Il nostro cervello ed il nostro corpo in generale ci danno i segnali di appetito (non chiamiamola fame per favore!). Abbiamo un orologio interno che ci dice quando è arrivato il momento: "vuoi scommettere che sono le 12,30?" Sentiamo il languorino anche se siamo stati seduti tutta la mattina davanti ad un computer o ad una scrivania (o entrambe!) e automaticamente lo interpretiamo come un bisogno di mangiare. Il più delle volte, ovviamente, non è così e se si saltasse il pasto forse ci farebbe meglio che neanche sedere a tavola e riempirci la pancia. E' vero, lo stimolo della fame, ci viene dalla vuotezza di stomaco ma questo non significa che il richiamo debba essere soddisfatto sempre; se siamo presenti e consapevoli possiamo applicare il libero arbitrio con consapevolezza, appunto, e decidere di prendere la strada più giusta quando lo vogliamo noi, quindi anche di digiunare.
Purtroppo il Digiuno viene associato a situazioni negative come carestie (chi ha vissuto le guerre ad esempio ha una difficoltà innata a digiunare perchè ricorda i periodi neri), punizioni (stasera vai a letto senza cena! te lo ricordi?) e malattia, quindi lo si percepisce come qualcosa di dannoso e negativo; oggi in Italia e anche nel mondo si assiste a casi di Digiuno a scopo intimidatorio o di ricatto (digiuni per cause giuste o credute tali) che mettono in gioco i danni fisici (fino alla morte) dei digiunanti in cambio di richieste di vario genere (dai diritti umani alle proteste per cause giuste). Alcune religioni invece prescrivono il digiuno come momento di riflessione e preghiera (Ramadam, Quaresima, o il semplice Venerdì senza carne, ecc), un momento in cui l'energia individuale si concentra su obiettivi spirituali piuttosto che materiali. In molti libri sacri vengono raccontate storie ed indicazioni di digiuni prolungati per motivi mistici, ma riusciamo a dimenticarceli perchè il Digiuno in sé non è più psicologicamente accettato nella società del benessere. Infatti il primo ostacolo al Digiuno è la sua accettazione. Chi segue le pratiche naturali e stili di vita naturali è abbastanza convinto della bontà del Digiuno come pratica di disintossicazione e riposo per recuperare energia, ma sono certo che la maggior parte della popolazione del cosiddetto Occidente appartiene alla schiera degli psico-condizionati che guardano il digiuno di traverso e basta.
Prima di passare ad una trattazione sul Digiuno, che riprendo con il prossimo articolo, vorrei ricordare anche che esiste un popolo su questa terra, una popolazione piccola ma significativamente indicativa per l'argomento: gli Hunza.
Un piccolo popolo, bianco, misterioso che vive ai piedi dell'Himalaya, in una piccola valle del Pakistan al confine con la Cina, considerato il popolo più longevo del mondo (120-140 anni). Per scelta non si nutrono di prodotti industriali ma solo di prodotti che coltivano loro e che in certi periodi dell'anno, soprattutto invernali, soffrono (si fa per dire) di carestia poichè il cibo non è sufficiente a sfamare le 10.000 persone che sono. Digiunano per settimane intere e per 2 mesi praticano per forza un semidigiuno, nel periodo invernale fino a Marzo, poichè devono razionare i viveri in attesa dei nuovi raccolti. Questo significa che nella vita degli Hunza il Digiuno è un fatto sociale accettato, e in un certo senso voluto, e che consente loro, insieme all'alimentazione naturale prettamente vegetariana (cereali, legumi, frutta e verdura), di non soffrire di alcuna malattia e di vivere fino a 140 anni. Sottolineo che non vivono fino a 140 anni standosene in una "casa di riposo" senza neanche sapere che sono al mondo, ma da ultracentenari lavorano nei campi ed hanno figli fino oltre i 70 anni (sto parlando delle donne!). Ora, se conosci il Metodo Kousmine (se non lo conosci leggiti pure i miei articoli dei giorni precedenti, guarda nell'archivio del Blog) troverai certamente un'attinenza spaventosa tra i concetti ed i pilastri su cui si basa il Metodo Kousmine e lo stile di vita degli Hunza, sull'assenza di malattie e la longevità di questo popolo. Vuoi dire che il Metodo Kousmine ha una logica tanto forte quanto realistica?
APPROFONDISCI CON LA 2° PARTE DELL'ARTICOLO
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Mangiare è spesso solo un'abitudine del mondo occidentale; ci insegnano a mangiare tre volte al giorno fin da piccoli e cresciamo con l'idea che occorre almeno fare una colazione, un pranzo ed una cena. Se poi ci stanno, ci facciamo uno o due spuntini durante la giornata (spero con della frutta che non si è mangiata dopo il pasto precedente) e così si rischia di arrivare a 5 pause al giorno per mangiare. Da quando siamo nati, ogni 5-8 ore circa ci fermiamo per mangiare; considerando che la digestione dura almeno 3 ore, il nostro apparato digerente lavora senza sosta con un dispendio energetico non indifferente.
Il nostro cervello ed il nostro corpo in generale ci danno i segnali di appetito (non chiamiamola fame per favore!). Abbiamo un orologio interno che ci dice quando è arrivato il momento: "vuoi scommettere che sono le 12,30?" Sentiamo il languorino anche se siamo stati seduti tutta la mattina davanti ad un computer o ad una scrivania (o entrambe!) e automaticamente lo interpretiamo come un bisogno di mangiare. Il più delle volte, ovviamente, non è così e se si saltasse il pasto forse ci farebbe meglio che neanche sedere a tavola e riempirci la pancia. E' vero, lo stimolo della fame, ci viene dalla vuotezza di stomaco ma questo non significa che il richiamo debba essere soddisfatto sempre; se siamo presenti e consapevoli possiamo applicare il libero arbitrio con consapevolezza, appunto, e decidere di prendere la strada più giusta quando lo vogliamo noi, quindi anche di digiunare.
Purtroppo il Digiuno viene associato a situazioni negative come carestie (chi ha vissuto le guerre ad esempio ha una difficoltà innata a digiunare perchè ricorda i periodi neri), punizioni (stasera vai a letto senza cena! te lo ricordi?) e malattia, quindi lo si percepisce come qualcosa di dannoso e negativo; oggi in Italia e anche nel mondo si assiste a casi di Digiuno a scopo intimidatorio o di ricatto (digiuni per cause giuste o credute tali) che mettono in gioco i danni fisici (fino alla morte) dei digiunanti in cambio di richieste di vario genere (dai diritti umani alle proteste per cause giuste). Alcune religioni invece prescrivono il digiuno come momento di riflessione e preghiera (Ramadam, Quaresima, o il semplice Venerdì senza carne, ecc), un momento in cui l'energia individuale si concentra su obiettivi spirituali piuttosto che materiali. In molti libri sacri vengono raccontate storie ed indicazioni di digiuni prolungati per motivi mistici, ma riusciamo a dimenticarceli perchè il Digiuno in sé non è più psicologicamente accettato nella società del benessere. Infatti il primo ostacolo al Digiuno è la sua accettazione. Chi segue le pratiche naturali e stili di vita naturali è abbastanza convinto della bontà del Digiuno come pratica di disintossicazione e riposo per recuperare energia, ma sono certo che la maggior parte della popolazione del cosiddetto Occidente appartiene alla schiera degli psico-condizionati che guardano il digiuno di traverso e basta.
Prima di passare ad una trattazione sul Digiuno, che riprendo con il prossimo articolo, vorrei ricordare anche che esiste un popolo su questa terra, una popolazione piccola ma significativamente indicativa per l'argomento: gli Hunza.
Donne Hunza ultra centenarie |
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