L'OMEOPATIA è stato uno degli interessi di Tiziano Terzani nel suo lungo viaggio alla ricerca di rimedi alternativi a quelli Chimici e Tossici che consapevolmente ha utilizzato o ha permesso che venissero utilizzati contro il suo male. Nel suo tentativo soprattutto di capire i perchè del male del secolo, (e se andiamo avanti così del millennio!): il cancro, Terzani si è imbattuto nell'Omeopatia. Avendo sperimentato l'Omeopatia come un aiuto al suo stato emotivo, quasi di depressione in un momento così difficile della sua vita, ed avendone riscontrato i benefici nel miglioramento del suo umore, Tiziano Terzani si è domandato se l'Omeopatia poteva essere in grado di portare benefici anche per il cancro. Nel suo libro "UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA - Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo , Terzani approfondisce la storia e il destino dell'Omeopatia che trovo possa essere utile per molti al fine di capire di cosa si tratta e perchè l'Omeopatia è stata ed è tutt'ora tanto tartassata dai vari tentativi di screditarla e di porla nel dimenticatoio.
E' certo che, come in tanti altri casi, si cerca sempre di farne una moda e di sfruttare al massimo sempre tutto, soprattutto per creare dipendenze e quindi business, soldi. La Vera Omeopatia, così com'è stata ideata è molto probabilmente qualcosa di ben diverso da quell'OMEOPATIA intuita e sperimentata dal suo fondatore Hahnemann.
Mi fido di quello che Tiziano Terzani scrive nel suo libro a riguardo perchè traspare un quadro estremamente rigoroso e dettagliato, ma altrettanto coinciso e chiaro su questa Medicina alternativa, molto alternativa, forse troppo alternativa ed efficace per essere accettata dalla Scienza ufficiale e dalla nostra Medicina Occidentale.
Ecco cosa scrive T. Terzani nel suo libro, dopo aver sperimentato gli effetti benefici dei rimedi Omeopatici che aveva assunto:
>>> Tornai a New York decisamente più calmo e sereno. Le goccioline erano state magiche; la mia curiosità per l'omeopatia era cresciuta. Tutto ciò che aveva a che fare con questo tipo di medicina sembrava andare contro la ragione, contro ogni buon senso, ma era affascinante. Soprattutto non era aggressivo.
E le domande cominciarono a porsi. Poteva il "rimedio" che aveva agito così bene sul mio umore fare qualcosa per il mio cancro? Potevano quelle goccioline stimolare la mia forza vitale e ridare equilibrio e saggezza al mio sistema immunitario impazzito? Tutte le terapie suggerite dagli aggiustatori (Tiziano si riferisce con questo termine ai medici americani che l'avevano in cura) avevano effetti secondari devastanti e pericolosi. Quelle Omeopatiche erano assolutamente innocue.
Sapevo di non avere tempo per fare esperimenti con la magia. ma i dubbi sulla radioterapia che stavo per cominciare mi vennero. Magari fra duecento anni anche gli aggiustatori dell'MSKCC (l'istituto americano dove era ufficialmente in cura Tiziano) saranno visti come dei primitivi e le loro terapie come dei supplizi che alla lunga fanno fra i pazienti più vittime di quanti ne salvano, mi dicevo. Avevo cominciato a leggere di Omeopatia e mi resi conto che era nata fra il Settecento e l'Ottocento da un senso di repulsione contro il modo in cui i malati venivano trattati: tenuti a letto e sottoposti a un regime di vera tortura a base di salassi e di purghe.
Per quasi quindici secoli la medicina si era fondata sulla convinzione che la malattia fosse provocata da veleni, spesso descritti come "umori", che andavano espulsi dal corpo con ogni mezzo: non solo con i naturali organi di secrezione, ma anche con metodi artificiali. Di questi il più frequente era il salasso, affidato a sanguisughe applicate a varie parti del corpo. ......
Fu a quel tempo che Samuel Hahnemann, medico tedesco con una formazione anche di chimico, nato a Meissen in Sassonia nel 1755, indignato nel vedere come la sua professione trattava pazienti, pensò di capovolgere l'intero approccio alla malattia e di sviluppare una terapia che ... non uccidesse i malati. Solo mettendo un freno alle pratiche assassine della vecchia medicina, Hahnemann salvò tantissima gente e questo sarebbe stato, secondo i suoi critici, l'unico merito dell'omeopatia. Ovviamente c'era ben altro.
Hahnemann era un attento osservatore della natura, un vero scienziato. Si accorse, ad esempio, che l'insorgere in un paziente di una nuova malattia, finiva, a volte, per curargliene una vecchia.
Tornò per questo a studiare un principio noto a molti popoli del passato: curare il simile col simile. Lo conosceva Ippocrate nella Grecia del IV secolo prima di Cristo, l'aveva riscoperto Paracelso nel Rinascimento, l'avevano usato i cinesi, i maya e i pellirossa. In India è ancora parte della tradizione ayurvedica e tutti gli indiani conoscono la storia di Bhima, uno dei protagonisti del Mahabharata, che si salva da un avvelenamento facendosi mordere da un serpente velenoso.
Il primo esperimento Hahnemann lo fece su se stesso. Scoprì che l'estratto di una certa corteccia (Cinchona) produceva in una persona sana gli stessi sintomi prodotti dalla malaria. Dando piccole dosi di quell'estratto a una persona affetta da malaria, vide che quella guariva. La conclusione era ovvia: somministrando una piccola quantità di "malattia" si fanno insorgere i sintomi della malattia stessa e con ciò si stimola il corpo a difendersi e a guarire. Niente di balordo: i vaccini che oggi diamo per scontati funzionano esattamente così. Forse funziona così lo strano sistema con cui le popolazioni tribali del Gujarat, in India, curano l'idrofobia: prendono le zecche del pelo del cane che li ha morsi e le bevono con un po' di acqua.
Per Hahnemann si trattava, attingendo all'infinita farmacopea disponibile nella natura, di studiare quali erano i "sintomi" che un elemento animale, vegetale o minerale era in grado di provocare. Scoprire quale elemento provocava quali sintomi, poteva significare aver trovato un nuovo rimedio.
Prima i suoi familiari, poi alcuni volontari aiutarono Hahnemann in quest'impresa. Ognuno di loro, dopo aver preso una minima dose di un qualche estratto, doveva tenere un diario dettagliato delle proprie reazioni non solo fisiche, ma anche emotive. Da questo materiale Hahnemann trasse l'importante constatazione che ogni persona reagisce diversamente a tutto quello che le accade, compresa la malattia: sia quella spontanea che quella indotta da una qualche sostanza. Ogni malattia, è vero, produce alcuni sintomi che sono comuni a tutti, ma non tutti i sintomi della stessa malattia sono uguali in tutte le persone. Questo succede perchè ognuno di noi ha un modo suo e irripetibile di reagire. " Ogni malato soffre di una malattia che non ha nome, una malattia che non si è mai verificata prima e non si verificherà mai poi nello stesso modo e nelle stesse circostanze" , scriveva Hahnemann.
Da qui la regola fondamentale dell'Omeopatia: occuparsi del malato, dei suoi sintomi, della sua percezione della malattia; non della malattia in sè. Tanti possono avere il mal di testa, ma ognuno ha le proprie ragioni per averlo. L'aspirina può togliere quel sintomo a tutti, ma ognuno resterà con la propria ragione del suo mal di testa. E quella ragione, prima o poi, troverà altri modi di esprimersi.
Per il medico omeopata è importantissimo capire il paziente. Per questo deve osservarlo attentamente, ascoltarlo. Le parole che un paziente usa nel descrivere la propria condizione, i propri sintomi, specie quelli insoliti, sono molto più importanti dei segni obiettivi che la malattia gli lascia addosso. L'aspetto di una persona, le sue abitudini, le sue preferenze nel cibo, i suoi umori sono determinanti per la definizione omeopatica della persona stessa.
Fu leggendo di Hahnemann e delle sue ricerche che capii quali ragionamenti Mangiafuoco (il soprannome che Tiziano aveva assegnato al suo omeopata) aveva fatto su di me. Prendendo per particolarmente significativo il mio modo di vedere il mondo come attraverso un caleidoscopio, mi aveva giudicato una persona instabile, soggetta a grandi fiammate e a grandi raffreddamenti, pronta a prendere fuoco come il fosforo e a spegnersi subito. Aveva però anche preso sul serio il mio desiderio di mettere sotto controllo quel caleidoscopio. Per lui ero quindi una personalità "fosforica", ma anche una persona con i piedi per terra, ossia, in termini omeopatici, "calcarea". Da qui il rimedio che mi aveva prescritto. Seguendo il sistema di Hahnemann, che classificava ogni paziente col nome del "rimedio" più indicato per lui, io nella cartella clinica di Mangiafuoco ero un Calcarea Phosphorica.
Questo è un punto importante nell'Omeopatia: il paziente non viene definito in base alla sua malattia, ma in base ai suoi sintomi e al suo rimedio. Ad esempio: un malato che ha i sintomi sia fisici sia mentali prodotti in una persona sana, diciamo, dal rimedio Belladonna, viene chiamato un "paziente Belladonna". In linea di principio una volta identificato il rimedio adatto ad una persona, quello resta il suo rimedio per sempre, qualunque siano le malattie da cui è afflitto. Dunque ad ogni paziente il suo rimedio. E questo del rimedio unico fu un altro notevole contributo dell'omeopatia. La medicina tradizionale usava composti fatti di decine, a volte persino di centinaia di elementi, ognuno con una sua utilità; ma non sapeva se questi elementi erano in contraddizione fra loro e comunque ignorava quali potevano essere le conseguenze della loro combinazione. Succede ancora oggi: si prendono combinazioni di varie medicine, ognuna delle quali è di per sè una combinazione, senza ben sapere quali siano le reazioni che il loro accostamento può scatenare.
Hahnemann mise fine a tutto ciò con la regola di usare un solo rimedio alla volta. Se il primo non funziona, se ne prova un altro e poi un altro ancora. Ma sempre uno per volta, così che se ne possano studiare gli effetti, cioè i sintomi, che produce nel paziente.
La somma di questa conoscenza, frutto di esperimenti fatti con le più varie sostanze su persone sane, non malate*, costituisce "Materia Medica", la bibbia di ogni omeopata.
* Hahnemann aveva capito una cosa importante: non solo che gli esseri umani ammalati reagiscono alla stessa sostanza diversamente dai sani, e che gli animali reagiscono diversamente dagli uomini, ma anche che una specie animale reagisce diversamente da un'altra. La morfina, ad esempio, fa vomitare un cane, ma eccita un gatto; l'aconito uccide una pecora, ma non fa niente ad una capra; l'antimonio è letale per gli uomini e per tanti animali, ma non per gli elefanti e le marmotte.
L'altro enorme vantaggio dei "rimedi" era ed è che non c'è da preoccuparsi dei loro effetti collaterali. Non ne hanno. Le diluizioni sono assolutamente innocue. Al contrario delle medicine allopatiche, tutte con avvertenze scarica-responsabilità di tenerle lontane dalla portata dei bambini, i rimedi non rappresentano alcun pericolo. Un bambino che ne bevesse anche una boccetta non avrebbe bisogno di lavanda gastrica.
Hahnemann aveva una visione antica, e in questo senso anche new-age, dell'uomo e del suo essere al mondo. L'uomo era per lui un essere composito, un'entità multidimensionale, non solo fatta di materia, ma anche di coscienza e di intelligenza. "La mente è la chiave di volta dell'uomo" scriveva. Per questo anche la malattia, in quanto fenomeno biologico di una vita alterata, era da vedere nell'insieme della persona. " E' il paziente ad essere ammalato, non i suoi organi". Aveva detto la stessa cosa Ippocrate; dicono lo stesso oggi gli esponenti di ogni cosiddetta "medicina laternativa", gli olistici.
Per giunta, secondo Hahnemann, il compito medico aveva un fine più alto del semplice ristabilire la salute fisica. " Nell'uomo allo stato normale", scriveva nel 1810, "la forza vitale-spirituale anima il corpo materiale. Questa forza governa l'insieme dell'organismo e ne mantiene le varie parti in un'ammirevole armonia affinchè la mente che lo abita possa usare liberamente di questo sano e vitale strumento per il fine superiore della nostra esistenza". Il corpo, insomma, era per lui molto di più che una macchina.
Un altro aspetto importante dell'omeopatia è, fin dai tempi di Hahnemann, l'uso di piccolissime dosi o in alte diluizioni - le cosiddette "potenze"- delle sostanze che sono alla base dei "rimedi".
All'origine ci fu la necessità di sperimentare veri e propri veleni, come il cianuro o l'arsenico, somministrati in minime quantità. Ma a forza di sperimentare, diluire gli estratti sempre più, Hahnemann si convinse che anche nella diluizione le sostanze continuavano ad esercitare sul corpo il loro effetto stimolante. Anzi, si accorse che la potenza di una diluizione aumentava ogni volta che questa veniva ulteriormente diluita e scossa cento volte -" dinamizzata", come diceva lui - e poi di nuovo diluita e di nuovo scossa . Da qui la conclusione cui Hahnemann arrivò negli ultimi anni della sua vita: il rimedio è tanto più efficace, quanto più è stato diluito, persino al punto in cui nell'acqua non resta più alcuna presenza rintracciabile della materia originaria.
Ne resta forse la memoria?
I detrattori dell'omeopatia hanno spesso usato questo argomento per dire che i "rimedi" non sono che acqua fresca e che i cosiddetti successi di questa materia sono da attribuire all'effetto placebo.
Ma anche questa argomentazione non è convincente. Un recente studio, pubblicato dalla rivista medica Lancet, ha dimostrato che nel corso di un esperimento fatto, a loro insaputa, su due diversi gruppi di pazienti - uno trattato con rimedi omeopatici, l'altro con sostanze neutre - nel gruppo che aveva ricevuto i rimedi c'erano stati più casi di guarigioni (circa due volte e mezzo) che nel gruppo trattato con nulla.
Eppure i medici classici insistono nell'ignorare tutto ciò che avviene fuori dal ristretto cortile della loro scienza, dicendo che si tratta di "effetto placebo". E usano questa espressione con disprezzo, come se il fenomeno non fosse straordinario: una persona, credendo di venire curata, si cura da sè! Inghiottisce una sostanza assolutamente innocua e, pensando che sia un'efficacissima medicina, guarisce! Ma questa è la prova lampante del potere della mente sulla materia. Gli scienziati certo non sono pronti ad accettarla perchè con questo si aprirebbe una voragine sotto i piedi della loro attuale concezione del mondo, dell'uomo e del suo corpo.
E poi come parlare di effetto placebo nel caso di neonati o addirittura di animali curati con l'omeopatia? Si, perchè esistono anche veterinari omeopati! Mangiafuoco stesso mi aveva parlato di quelli che nella sua regione lavorano coi produttori di formaggio: per fare del buon parmigiano le vacche debbono avere una forma di sub-mastite e , perchè quei batteri non vengano eliminati dal loro latte, è preferibile che le loro eventuali malattie non vengano trattate con antibiotici.
Il destino dell'omeopatia dopo la morte di Hahnemann, nel 1843, assomiglia a quello delle medicine "alternative" di oggi.
La gente era delusa dei medici tradizionali, trovava barbari i loro metodi e poco ispirante il loro trattare un paziente come fosse un oggetto da tagliare, dissanguare e rimpinzare di complicatissime pozioni. L'omeopatia, come tante pratiche che oggi stanno diventando di moda (fra queste di nuovo l'omeopatia stessa), si presentava come una vera alternativa. I suoi medici prestavano grande attenzione al paziente; i loro rimedi non erano nè aggressivi, nè distruttivi. L'epidemia di colera che colpì l'Europa nella prima metà dell'Ottocento, facendo innumerevoli vittime, contribuì alla buona reputazione dell'omeopatia quando si vide che i seguaci di Hahnemann erano riusciti a far sopravvivere l'80 per cento dei loro pazienti contro il 50 per cento dei pazienti salvati dai medici convenzionali.
Quando Hahnemann morì era famoso, aveva tantissimi seguaci e poteva vantarsi di aver fondato una nuova prassi medica che si basava non sulla diagnosi della malattia ma sulla diagnosi, molto più difficile e comprensiva, del malato; un sistema che non teneva conto solo di alcuni sintomi, ma di tutti i sintomi, Hahnemann aveva con questo messo le basi di una medicina che, al suo meglio, era potenzialmente in grado di curare malattie ancora sconosciute, come l'AIDS.
L'America fu il terreno inizialmente più fertile per l'omeopatia. La sua medicina era stata dominata da personaggi come Benjamin Rush, un uomo che non credeva assolutamente nella forza curativa della natura e che era un fermo sostenitore dell'interventismo chirurgico, della somministrazione di purghe da cavallo e soprattutto di salassi. Di lui si diceva che " aveva sparso più sangue di qualsiasi generale della storia". L'omeopatia rovesciando completamente queste posizioni che andavano allora per la maggiore, diventò estremamente popolare. Già all'inizio del Novecento veniva insegnata in ventidue università, centinaia di ospedali la praticavano, più di mille farmacie ne vendevano i rimedi e circa il 20 per cento dei medici americani si dedicavano a questa nuova scienza.
Negli Stati Uniti l'omeopatia era ormai così diffusa e considerata di tale successo che le assicurazioni offrivano il 10 per cento di sconto a chi vi ricorreva per curarsi. Ma fu proprio questo successo a provocare il declino dell'omeopatia. Le associazioni mediche tradizionali videro i loro membri perdere clienti, l'industria farmaceutica calare i suoi profitti - i rimedi erano a bon mercato e venivano spesso preparati dai medici stessi - e identificarono nell'omeopatia un pericoloso rivale da eliminare al più presto.
Gli attacchi furono senza tregua e nel giro di poco tempo l'omeopatia benne relegata fra le non-scienze. I corsi universitari di omeopatia vennero chiusi, gli omeopati messi al bando. In Europa successe più o meno lo stesso, anche se molte personalità di rilievo, da Mark Twain a Papa Pio X, da Dickens a Goethe, William James e Nathalien Hawthorne, se ne servivano e la stessa famiglia reale inglese, dal 1830 in poi, era ricorsa a rimedi omeopatici.
I progressi fatti dalla scienza medica tradizionale furono un'altra ragione del declino dell'omeopatia in Occidente. Il microscopio e la scoperta dei batteri permisero di indagare sulle cause di ogni singola malattia, e con questo di mettere l'accento sempre più sul particolare, sempre più sulle singole parti del corpo anzichè sul corpo nel suo insieme.
Solo in India, dove arrivò già al tempo di Hahnemann portata dai missionari tedeschi, l'omeopatia ha avuto una sua storia e un suo quasi autonomo sviluppo. Ghandi la definì "il sistema più raffinato, più economico e meno violento di trattare i pazienti" e suggerì al governo di appoggiarla e diffonderla. Così è stato. Nel 1973 l'omeopatia è stata riconosciuta come uno dei sistemi ufficiali di medicina; 162 università indiane offrono oggi corsi di omeopatia e più di 150.000 medici la praticano in ogni angolo del paese: non come vezzo per benestanti o alternativi, ma come la soluzione più accessibile e meno costosa per i problemi di salute dei poveri.
In Occidente, dove la scienza è diventata una sorta di nuova religione, l'omeopatia ha sofferto dell'impossibilità di dimostrare scientificamente la propria efficacia. Nessun chimico o biologo è in grado di trovare un rapporto di causa ed effetto fra la quantità di una sostanza presente - e spesso non più presente - in un rimedio e i suoi effetti curativi. Ma è proprio questa interpretazione meccanicistica e molecolare della realtà biologica che l'omeopatia mette in discussione! Scienza e omeopatia parlano due lingue diverse. Come possono intendersi?
Nel dopoguerra questo dialogo fra sordi si è ulteriormente complicato. La ricerca scientifica ha fatto enormi progressi e la pratica medica ha accettato come un'indiscutibile verità che la malattia è dovuta all'alterazione di un meccanismo molecolare e che la terapia consiste nel modificare o sostituire la molecola con farmaci introdotti nel corpo del paziente: chiunque esso sia, qualunque cosa provi, pensi, creda ... o sogni. Giusto il contrario della concezione omeopatica!
L'omeopata non pensa in termini di malattia, ma di paziente, e non concepisce la sua terapia come un intervento dall'esterno nel corpo. Anzi. Il suo rimedio è solo uno stimolo perchè il corpo si curi da solo, dall'interno. Nella concezione omeopatica la terapia agisce appunto dall'interno verso l'esterno, dall'alto verso il basso, dagli organi più importanti verso quelli secondari, procedendo nell'ordine inverso a quello del manifestarsi dei sintomi. Un rimedio giusto comincia cioè a far scomparire per primi gli ultimi sintomi provocati dalla malattia; poi gli altri, a ritroso. Per questo la comparsa nel paziente di vecchi sintomi è considerata un buon segno: significa che il trattamento funziona e che il processo di risanamento è nella fase conclusiva.
Tutto questo è strano e interessante, ma è anche inaccettabile per una mente normalmente scientifica. Un medico classico, abituato alla sua prassi, trova assurda la storia raccontata da un omeopata come esempio di una guarigione dovuta alla considerazione del paziente nella sua totalità anzichè nella sua malattia.
Una signora di 70 anni è costretta da una grave osteoporosi a vivere su una sedia a rotelle. Nel corso della conversazione con l'omeopata la signora dice di fare quasi ogni notte lo stesso sogno: si vede cadere da una grande altezza. L'omeopata si concentra sul ricorre di questo sogno e decide di darle un rimedio che ha a che fare con quel "sintomo" e non con la sua condizione fisica. Dop qualche tempo la signora lascia la sedia a rotelle e riprende a camminare.
Guarigione dovuta alla diluizione di qualche incongrua sostanza prima di andare a letto? Impossibile, dicono i medici-scienziati, buttando - ingiustamente - l'omeopatia nello stess ocalderone delle follie pseudoterapeutiche come la piramidologia, l'automassaggio o la psicoginnastica.
Indubbiamente l'omeopatia soffre della sua reputazione di magia, peggio ancora, di stregoneria.
Nel migliore dei casi la sua pratica viene scartata e derisa perchè, alla fine dei conti, con le sue diluizioni, non sarebbe che acqua fresca.
Ma cosa sapiamo poi dell'acqua? Positivisti come siamo diventati ci pare assurdo che l'acqua possa contenere informazioni su elementi o sostanze che nell'acqua ci sono state, ma non ci sono più. Sappiamo forse qualcosa su ciò che un evento lascia nel luogo in cui è avvenuto? Su quel che le cose, le sostanze, o le molecole di quelle sostanze possono comunicare?
Nonostante la nostra pretesa di capire e il nostro altezzoso disprezzo per tutto quel che non è scientifico, continuiamo a sfruttare ciò che ci serve anche se non capiamo come funziona. I medici-scienziati, ad esempio, sono tornati ad usare l'elettroshok nel trattamento di certe malattie mentali pur non avendo ancora un'idea di che cosa provochi gli effetti desiderati. Eppure lo fanno con la stessa fiducia con cui le massaie stendono i lenzuoli sui prati nelle notti di luna piena perchè sanno che s'imbiancano meglio che con il detersivo. Allo stesso modo gli indiani continuano a bere al mattino un bicchiere d'acqua che durante la notte è stata in un recipiente di rame dal quale avrebbe tratto una benefica "energia". Cominciarono a farlo secoli fa, quando forse ne sapevano meglio il perchè.
Il primo passo di ogni grande sapere è il sapere di non sapere.
E' un passo quello che, a suo modo, la scienza più moderna e più spregiudicata sta facendo accettando ad esempio la teoria del caos, secondo cui un insignificante avvenimento in una parte del mondo può avere ripercussioni catastrofiche e non immaginabili in un'altra. La scienza sta accettando anche che, contrariamente a tutto ciò che ha pensato finora, non esiste una osservazione oggettiva, in quanto persino gli oggetti più inanimati non restano indifferenti all'essere scientificamente osservati: reagiscono!
Quel che sappiamo del nostro mondo è una frazione infinitesimale rispetto a tutto quel che non sappiamo. A pensarci bene, nonostante i grandissimi progressi fatti dalle nostre scienze, siamo circondati dai fenomeni che non capiamo, fenomeni di cui non sappiamo minimamente che cosa possono significare o nascondere." <<<
Eppure aggiungo io si continua fare finta di niente sui risultati che si ottengono con le "medicine alternative"; si ignora e si evita volutamente di approfondire anche da un punto di vista scientifico, perchè questo disturba enormemente i risultati finanziari delle multinazionali legate al mondo scientifico della salute, anzi, che ce l'anno in mano e lo tengono stretto!
E' certo che, come in tanti altri casi, si cerca sempre di farne una moda e di sfruttare al massimo sempre tutto, soprattutto per creare dipendenze e quindi business, soldi. La Vera Omeopatia, così com'è stata ideata è molto probabilmente qualcosa di ben diverso da quell'OMEOPATIA intuita e sperimentata dal suo fondatore Hahnemann.
Mi fido di quello che Tiziano Terzani scrive nel suo libro a riguardo perchè traspare un quadro estremamente rigoroso e dettagliato, ma altrettanto coinciso e chiaro su questa Medicina alternativa, molto alternativa, forse troppo alternativa ed efficace per essere accettata dalla Scienza ufficiale e dalla nostra Medicina Occidentale.
Ecco cosa scrive T. Terzani nel suo libro, dopo aver sperimentato gli effetti benefici dei rimedi Omeopatici che aveva assunto:
>>> Tornai a New York decisamente più calmo e sereno. Le goccioline erano state magiche; la mia curiosità per l'omeopatia era cresciuta. Tutto ciò che aveva a che fare con questo tipo di medicina sembrava andare contro la ragione, contro ogni buon senso, ma era affascinante. Soprattutto non era aggressivo.
E le domande cominciarono a porsi. Poteva il "rimedio" che aveva agito così bene sul mio umore fare qualcosa per il mio cancro? Potevano quelle goccioline stimolare la mia forza vitale e ridare equilibrio e saggezza al mio sistema immunitario impazzito? Tutte le terapie suggerite dagli aggiustatori (Tiziano si riferisce con questo termine ai medici americani che l'avevano in cura) avevano effetti secondari devastanti e pericolosi. Quelle Omeopatiche erano assolutamente innocue.
Sapevo di non avere tempo per fare esperimenti con la magia. ma i dubbi sulla radioterapia che stavo per cominciare mi vennero. Magari fra duecento anni anche gli aggiustatori dell'MSKCC (l'istituto americano dove era ufficialmente in cura Tiziano) saranno visti come dei primitivi e le loro terapie come dei supplizi che alla lunga fanno fra i pazienti più vittime di quanti ne salvano, mi dicevo. Avevo cominciato a leggere di Omeopatia e mi resi conto che era nata fra il Settecento e l'Ottocento da un senso di repulsione contro il modo in cui i malati venivano trattati: tenuti a letto e sottoposti a un regime di vera tortura a base di salassi e di purghe.
Per quasi quindici secoli la medicina si era fondata sulla convinzione che la malattia fosse provocata da veleni, spesso descritti come "umori", che andavano espulsi dal corpo con ogni mezzo: non solo con i naturali organi di secrezione, ma anche con metodi artificiali. Di questi il più frequente era il salasso, affidato a sanguisughe applicate a varie parti del corpo. ......
Fu a quel tempo che Samuel Hahnemann, medico tedesco con una formazione anche di chimico, nato a Meissen in Sassonia nel 1755, indignato nel vedere come la sua professione trattava pazienti, pensò di capovolgere l'intero approccio alla malattia e di sviluppare una terapia che ... non uccidesse i malati. Solo mettendo un freno alle pratiche assassine della vecchia medicina, Hahnemann salvò tantissima gente e questo sarebbe stato, secondo i suoi critici, l'unico merito dell'omeopatia. Ovviamente c'era ben altro.
Hahnemann era un attento osservatore della natura, un vero scienziato. Si accorse, ad esempio, che l'insorgere in un paziente di una nuova malattia, finiva, a volte, per curargliene una vecchia.
Tornò per questo a studiare un principio noto a molti popoli del passato: curare il simile col simile. Lo conosceva Ippocrate nella Grecia del IV secolo prima di Cristo, l'aveva riscoperto Paracelso nel Rinascimento, l'avevano usato i cinesi, i maya e i pellirossa. In India è ancora parte della tradizione ayurvedica e tutti gli indiani conoscono la storia di Bhima, uno dei protagonisti del Mahabharata, che si salva da un avvelenamento facendosi mordere da un serpente velenoso.
Il primo esperimento Hahnemann lo fece su se stesso. Scoprì che l'estratto di una certa corteccia (Cinchona) produceva in una persona sana gli stessi sintomi prodotti dalla malaria. Dando piccole dosi di quell'estratto a una persona affetta da malaria, vide che quella guariva. La conclusione era ovvia: somministrando una piccola quantità di "malattia" si fanno insorgere i sintomi della malattia stessa e con ciò si stimola il corpo a difendersi e a guarire. Niente di balordo: i vaccini che oggi diamo per scontati funzionano esattamente così. Forse funziona così lo strano sistema con cui le popolazioni tribali del Gujarat, in India, curano l'idrofobia: prendono le zecche del pelo del cane che li ha morsi e le bevono con un po' di acqua.
Per Hahnemann si trattava, attingendo all'infinita farmacopea disponibile nella natura, di studiare quali erano i "sintomi" che un elemento animale, vegetale o minerale era in grado di provocare. Scoprire quale elemento provocava quali sintomi, poteva significare aver trovato un nuovo rimedio.
Prima i suoi familiari, poi alcuni volontari aiutarono Hahnemann in quest'impresa. Ognuno di loro, dopo aver preso una minima dose di un qualche estratto, doveva tenere un diario dettagliato delle proprie reazioni non solo fisiche, ma anche emotive. Da questo materiale Hahnemann trasse l'importante constatazione che ogni persona reagisce diversamente a tutto quello che le accade, compresa la malattia: sia quella spontanea che quella indotta da una qualche sostanza. Ogni malattia, è vero, produce alcuni sintomi che sono comuni a tutti, ma non tutti i sintomi della stessa malattia sono uguali in tutte le persone. Questo succede perchè ognuno di noi ha un modo suo e irripetibile di reagire. " Ogni malato soffre di una malattia che non ha nome, una malattia che non si è mai verificata prima e non si verificherà mai poi nello stesso modo e nelle stesse circostanze" , scriveva Hahnemann.
Da qui la regola fondamentale dell'Omeopatia: occuparsi del malato, dei suoi sintomi, della sua percezione della malattia; non della malattia in sè. Tanti possono avere il mal di testa, ma ognuno ha le proprie ragioni per averlo. L'aspirina può togliere quel sintomo a tutti, ma ognuno resterà con la propria ragione del suo mal di testa. E quella ragione, prima o poi, troverà altri modi di esprimersi.
Per il medico omeopata è importantissimo capire il paziente. Per questo deve osservarlo attentamente, ascoltarlo. Le parole che un paziente usa nel descrivere la propria condizione, i propri sintomi, specie quelli insoliti, sono molto più importanti dei segni obiettivi che la malattia gli lascia addosso. L'aspetto di una persona, le sue abitudini, le sue preferenze nel cibo, i suoi umori sono determinanti per la definizione omeopatica della persona stessa.
Fu leggendo di Hahnemann e delle sue ricerche che capii quali ragionamenti Mangiafuoco (il soprannome che Tiziano aveva assegnato al suo omeopata) aveva fatto su di me. Prendendo per particolarmente significativo il mio modo di vedere il mondo come attraverso un caleidoscopio, mi aveva giudicato una persona instabile, soggetta a grandi fiammate e a grandi raffreddamenti, pronta a prendere fuoco come il fosforo e a spegnersi subito. Aveva però anche preso sul serio il mio desiderio di mettere sotto controllo quel caleidoscopio. Per lui ero quindi una personalità "fosforica", ma anche una persona con i piedi per terra, ossia, in termini omeopatici, "calcarea". Da qui il rimedio che mi aveva prescritto. Seguendo il sistema di Hahnemann, che classificava ogni paziente col nome del "rimedio" più indicato per lui, io nella cartella clinica di Mangiafuoco ero un Calcarea Phosphorica.
Questo è un punto importante nell'Omeopatia: il paziente non viene definito in base alla sua malattia, ma in base ai suoi sintomi e al suo rimedio. Ad esempio: un malato che ha i sintomi sia fisici sia mentali prodotti in una persona sana, diciamo, dal rimedio Belladonna, viene chiamato un "paziente Belladonna". In linea di principio una volta identificato il rimedio adatto ad una persona, quello resta il suo rimedio per sempre, qualunque siano le malattie da cui è afflitto. Dunque ad ogni paziente il suo rimedio. E questo del rimedio unico fu un altro notevole contributo dell'omeopatia. La medicina tradizionale usava composti fatti di decine, a volte persino di centinaia di elementi, ognuno con una sua utilità; ma non sapeva se questi elementi erano in contraddizione fra loro e comunque ignorava quali potevano essere le conseguenze della loro combinazione. Succede ancora oggi: si prendono combinazioni di varie medicine, ognuna delle quali è di per sè una combinazione, senza ben sapere quali siano le reazioni che il loro accostamento può scatenare.
Hahnemann mise fine a tutto ciò con la regola di usare un solo rimedio alla volta. Se il primo non funziona, se ne prova un altro e poi un altro ancora. Ma sempre uno per volta, così che se ne possano studiare gli effetti, cioè i sintomi, che produce nel paziente.
La somma di questa conoscenza, frutto di esperimenti fatti con le più varie sostanze su persone sane, non malate*, costituisce "Materia Medica", la bibbia di ogni omeopata.
* Hahnemann aveva capito una cosa importante: non solo che gli esseri umani ammalati reagiscono alla stessa sostanza diversamente dai sani, e che gli animali reagiscono diversamente dagli uomini, ma anche che una specie animale reagisce diversamente da un'altra. La morfina, ad esempio, fa vomitare un cane, ma eccita un gatto; l'aconito uccide una pecora, ma non fa niente ad una capra; l'antimonio è letale per gli uomini e per tanti animali, ma non per gli elefanti e le marmotte.
L'altro enorme vantaggio dei "rimedi" era ed è che non c'è da preoccuparsi dei loro effetti collaterali. Non ne hanno. Le diluizioni sono assolutamente innocue. Al contrario delle medicine allopatiche, tutte con avvertenze scarica-responsabilità di tenerle lontane dalla portata dei bambini, i rimedi non rappresentano alcun pericolo. Un bambino che ne bevesse anche una boccetta non avrebbe bisogno di lavanda gastrica.
Hahnemann aveva una visione antica, e in questo senso anche new-age, dell'uomo e del suo essere al mondo. L'uomo era per lui un essere composito, un'entità multidimensionale, non solo fatta di materia, ma anche di coscienza e di intelligenza. "La mente è la chiave di volta dell'uomo" scriveva. Per questo anche la malattia, in quanto fenomeno biologico di una vita alterata, era da vedere nell'insieme della persona. " E' il paziente ad essere ammalato, non i suoi organi". Aveva detto la stessa cosa Ippocrate; dicono lo stesso oggi gli esponenti di ogni cosiddetta "medicina laternativa", gli olistici.
Per giunta, secondo Hahnemann, il compito medico aveva un fine più alto del semplice ristabilire la salute fisica. " Nell'uomo allo stato normale", scriveva nel 1810, "la forza vitale-spirituale anima il corpo materiale. Questa forza governa l'insieme dell'organismo e ne mantiene le varie parti in un'ammirevole armonia affinchè la mente che lo abita possa usare liberamente di questo sano e vitale strumento per il fine superiore della nostra esistenza". Il corpo, insomma, era per lui molto di più che una macchina.
Un altro aspetto importante dell'omeopatia è, fin dai tempi di Hahnemann, l'uso di piccolissime dosi o in alte diluizioni - le cosiddette "potenze"- delle sostanze che sono alla base dei "rimedi".
All'origine ci fu la necessità di sperimentare veri e propri veleni, come il cianuro o l'arsenico, somministrati in minime quantità. Ma a forza di sperimentare, diluire gli estratti sempre più, Hahnemann si convinse che anche nella diluizione le sostanze continuavano ad esercitare sul corpo il loro effetto stimolante. Anzi, si accorse che la potenza di una diluizione aumentava ogni volta che questa veniva ulteriormente diluita e scossa cento volte -" dinamizzata", come diceva lui - e poi di nuovo diluita e di nuovo scossa . Da qui la conclusione cui Hahnemann arrivò negli ultimi anni della sua vita: il rimedio è tanto più efficace, quanto più è stato diluito, persino al punto in cui nell'acqua non resta più alcuna presenza rintracciabile della materia originaria.
Ne resta forse la memoria?
I detrattori dell'omeopatia hanno spesso usato questo argomento per dire che i "rimedi" non sono che acqua fresca e che i cosiddetti successi di questa materia sono da attribuire all'effetto placebo.
Ma anche questa argomentazione non è convincente. Un recente studio, pubblicato dalla rivista medica Lancet, ha dimostrato che nel corso di un esperimento fatto, a loro insaputa, su due diversi gruppi di pazienti - uno trattato con rimedi omeopatici, l'altro con sostanze neutre - nel gruppo che aveva ricevuto i rimedi c'erano stati più casi di guarigioni (circa due volte e mezzo) che nel gruppo trattato con nulla.
Eppure i medici classici insistono nell'ignorare tutto ciò che avviene fuori dal ristretto cortile della loro scienza, dicendo che si tratta di "effetto placebo". E usano questa espressione con disprezzo, come se il fenomeno non fosse straordinario: una persona, credendo di venire curata, si cura da sè! Inghiottisce una sostanza assolutamente innocua e, pensando che sia un'efficacissima medicina, guarisce! Ma questa è la prova lampante del potere della mente sulla materia. Gli scienziati certo non sono pronti ad accettarla perchè con questo si aprirebbe una voragine sotto i piedi della loro attuale concezione del mondo, dell'uomo e del suo corpo.
E poi come parlare di effetto placebo nel caso di neonati o addirittura di animali curati con l'omeopatia? Si, perchè esistono anche veterinari omeopati! Mangiafuoco stesso mi aveva parlato di quelli che nella sua regione lavorano coi produttori di formaggio: per fare del buon parmigiano le vacche debbono avere una forma di sub-mastite e , perchè quei batteri non vengano eliminati dal loro latte, è preferibile che le loro eventuali malattie non vengano trattate con antibiotici.
Il destino dell'omeopatia dopo la morte di Hahnemann, nel 1843, assomiglia a quello delle medicine "alternative" di oggi.
La gente era delusa dei medici tradizionali, trovava barbari i loro metodi e poco ispirante il loro trattare un paziente come fosse un oggetto da tagliare, dissanguare e rimpinzare di complicatissime pozioni. L'omeopatia, come tante pratiche che oggi stanno diventando di moda (fra queste di nuovo l'omeopatia stessa), si presentava come una vera alternativa. I suoi medici prestavano grande attenzione al paziente; i loro rimedi non erano nè aggressivi, nè distruttivi. L'epidemia di colera che colpì l'Europa nella prima metà dell'Ottocento, facendo innumerevoli vittime, contribuì alla buona reputazione dell'omeopatia quando si vide che i seguaci di Hahnemann erano riusciti a far sopravvivere l'80 per cento dei loro pazienti contro il 50 per cento dei pazienti salvati dai medici convenzionali.
Quando Hahnemann morì era famoso, aveva tantissimi seguaci e poteva vantarsi di aver fondato una nuova prassi medica che si basava non sulla diagnosi della malattia ma sulla diagnosi, molto più difficile e comprensiva, del malato; un sistema che non teneva conto solo di alcuni sintomi, ma di tutti i sintomi, Hahnemann aveva con questo messo le basi di una medicina che, al suo meglio, era potenzialmente in grado di curare malattie ancora sconosciute, come l'AIDS.
L'America fu il terreno inizialmente più fertile per l'omeopatia. La sua medicina era stata dominata da personaggi come Benjamin Rush, un uomo che non credeva assolutamente nella forza curativa della natura e che era un fermo sostenitore dell'interventismo chirurgico, della somministrazione di purghe da cavallo e soprattutto di salassi. Di lui si diceva che " aveva sparso più sangue di qualsiasi generale della storia". L'omeopatia rovesciando completamente queste posizioni che andavano allora per la maggiore, diventò estremamente popolare. Già all'inizio del Novecento veniva insegnata in ventidue università, centinaia di ospedali la praticavano, più di mille farmacie ne vendevano i rimedi e circa il 20 per cento dei medici americani si dedicavano a questa nuova scienza.
Negli Stati Uniti l'omeopatia era ormai così diffusa e considerata di tale successo che le assicurazioni offrivano il 10 per cento di sconto a chi vi ricorreva per curarsi. Ma fu proprio questo successo a provocare il declino dell'omeopatia. Le associazioni mediche tradizionali videro i loro membri perdere clienti, l'industria farmaceutica calare i suoi profitti - i rimedi erano a bon mercato e venivano spesso preparati dai medici stessi - e identificarono nell'omeopatia un pericoloso rivale da eliminare al più presto.
Gli attacchi furono senza tregua e nel giro di poco tempo l'omeopatia benne relegata fra le non-scienze. I corsi universitari di omeopatia vennero chiusi, gli omeopati messi al bando. In Europa successe più o meno lo stesso, anche se molte personalità di rilievo, da Mark Twain a Papa Pio X, da Dickens a Goethe, William James e Nathalien Hawthorne, se ne servivano e la stessa famiglia reale inglese, dal 1830 in poi, era ricorsa a rimedi omeopatici.
I progressi fatti dalla scienza medica tradizionale furono un'altra ragione del declino dell'omeopatia in Occidente. Il microscopio e la scoperta dei batteri permisero di indagare sulle cause di ogni singola malattia, e con questo di mettere l'accento sempre più sul particolare, sempre più sulle singole parti del corpo anzichè sul corpo nel suo insieme.
Solo in India, dove arrivò già al tempo di Hahnemann portata dai missionari tedeschi, l'omeopatia ha avuto una sua storia e un suo quasi autonomo sviluppo. Ghandi la definì "il sistema più raffinato, più economico e meno violento di trattare i pazienti" e suggerì al governo di appoggiarla e diffonderla. Così è stato. Nel 1973 l'omeopatia è stata riconosciuta come uno dei sistemi ufficiali di medicina; 162 università indiane offrono oggi corsi di omeopatia e più di 150.000 medici la praticano in ogni angolo del paese: non come vezzo per benestanti o alternativi, ma come la soluzione più accessibile e meno costosa per i problemi di salute dei poveri.
In Occidente, dove la scienza è diventata una sorta di nuova religione, l'omeopatia ha sofferto dell'impossibilità di dimostrare scientificamente la propria efficacia. Nessun chimico o biologo è in grado di trovare un rapporto di causa ed effetto fra la quantità di una sostanza presente - e spesso non più presente - in un rimedio e i suoi effetti curativi. Ma è proprio questa interpretazione meccanicistica e molecolare della realtà biologica che l'omeopatia mette in discussione! Scienza e omeopatia parlano due lingue diverse. Come possono intendersi?
Nel dopoguerra questo dialogo fra sordi si è ulteriormente complicato. La ricerca scientifica ha fatto enormi progressi e la pratica medica ha accettato come un'indiscutibile verità che la malattia è dovuta all'alterazione di un meccanismo molecolare e che la terapia consiste nel modificare o sostituire la molecola con farmaci introdotti nel corpo del paziente: chiunque esso sia, qualunque cosa provi, pensi, creda ... o sogni. Giusto il contrario della concezione omeopatica!
L'omeopata non pensa in termini di malattia, ma di paziente, e non concepisce la sua terapia come un intervento dall'esterno nel corpo. Anzi. Il suo rimedio è solo uno stimolo perchè il corpo si curi da solo, dall'interno. Nella concezione omeopatica la terapia agisce appunto dall'interno verso l'esterno, dall'alto verso il basso, dagli organi più importanti verso quelli secondari, procedendo nell'ordine inverso a quello del manifestarsi dei sintomi. Un rimedio giusto comincia cioè a far scomparire per primi gli ultimi sintomi provocati dalla malattia; poi gli altri, a ritroso. Per questo la comparsa nel paziente di vecchi sintomi è considerata un buon segno: significa che il trattamento funziona e che il processo di risanamento è nella fase conclusiva.
Tutto questo è strano e interessante, ma è anche inaccettabile per una mente normalmente scientifica. Un medico classico, abituato alla sua prassi, trova assurda la storia raccontata da un omeopata come esempio di una guarigione dovuta alla considerazione del paziente nella sua totalità anzichè nella sua malattia.
Una signora di 70 anni è costretta da una grave osteoporosi a vivere su una sedia a rotelle. Nel corso della conversazione con l'omeopata la signora dice di fare quasi ogni notte lo stesso sogno: si vede cadere da una grande altezza. L'omeopata si concentra sul ricorre di questo sogno e decide di darle un rimedio che ha a che fare con quel "sintomo" e non con la sua condizione fisica. Dop qualche tempo la signora lascia la sedia a rotelle e riprende a camminare.
Guarigione dovuta alla diluizione di qualche incongrua sostanza prima di andare a letto? Impossibile, dicono i medici-scienziati, buttando - ingiustamente - l'omeopatia nello stess ocalderone delle follie pseudoterapeutiche come la piramidologia, l'automassaggio o la psicoginnastica.
Indubbiamente l'omeopatia soffre della sua reputazione di magia, peggio ancora, di stregoneria.
Nel migliore dei casi la sua pratica viene scartata e derisa perchè, alla fine dei conti, con le sue diluizioni, non sarebbe che acqua fresca.
Ma cosa sapiamo poi dell'acqua? Positivisti come siamo diventati ci pare assurdo che l'acqua possa contenere informazioni su elementi o sostanze che nell'acqua ci sono state, ma non ci sono più. Sappiamo forse qualcosa su ciò che un evento lascia nel luogo in cui è avvenuto? Su quel che le cose, le sostanze, o le molecole di quelle sostanze possono comunicare?
Nonostante la nostra pretesa di capire e il nostro altezzoso disprezzo per tutto quel che non è scientifico, continuiamo a sfruttare ciò che ci serve anche se non capiamo come funziona. I medici-scienziati, ad esempio, sono tornati ad usare l'elettroshok nel trattamento di certe malattie mentali pur non avendo ancora un'idea di che cosa provochi gli effetti desiderati. Eppure lo fanno con la stessa fiducia con cui le massaie stendono i lenzuoli sui prati nelle notti di luna piena perchè sanno che s'imbiancano meglio che con il detersivo. Allo stesso modo gli indiani continuano a bere al mattino un bicchiere d'acqua che durante la notte è stata in un recipiente di rame dal quale avrebbe tratto una benefica "energia". Cominciarono a farlo secoli fa, quando forse ne sapevano meglio il perchè.
Il primo passo di ogni grande sapere è il sapere di non sapere.
E' un passo quello che, a suo modo, la scienza più moderna e più spregiudicata sta facendo accettando ad esempio la teoria del caos, secondo cui un insignificante avvenimento in una parte del mondo può avere ripercussioni catastrofiche e non immaginabili in un'altra. La scienza sta accettando anche che, contrariamente a tutto ciò che ha pensato finora, non esiste una osservazione oggettiva, in quanto persino gli oggetti più inanimati non restano indifferenti all'essere scientificamente osservati: reagiscono!
Quel che sappiamo del nostro mondo è una frazione infinitesimale rispetto a tutto quel che non sappiamo. A pensarci bene, nonostante i grandissimi progressi fatti dalle nostre scienze, siamo circondati dai fenomeni che non capiamo, fenomeni di cui non sappiamo minimamente che cosa possono significare o nascondere." <<<
Eppure aggiungo io si continua fare finta di niente sui risultati che si ottengono con le "medicine alternative"; si ignora e si evita volutamente di approfondire anche da un punto di vista scientifico, perchè questo disturba enormemente i risultati finanziari delle multinazionali legate al mondo scientifico della salute, anzi, che ce l'anno in mano e lo tengono stretto!
Un Altro Giro di Giostra Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo Tiziano Terzani LO PUOI TROVARE su il Giardino dei Libri |
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